"L'ultimo ad uscire si ricordi di accendere la luce".
Si intitola così ("Last One Out, Please Turn On The Ligh - a survey of London's remaining professional darkrooms") il reportage, chiuso nel maggio 2008, di Richard Nicholson dedicato al mondo delle camere oscure professionali, una realtà in via d'estinzione, schiacciata dall'immediatezza del digitale:
Ma tutto valeva la soddisfazione di veder emergere, lentamente, progressivamente, l'immagine dalla carta immacolata immersa nella vaschetta dello sviluppo. E, al mattino, prima di prendere la macchina per andare al lavoro mi fermavo a guardare le foto stampate nelle notte, appese (in garage) ad asciugare.
Certo, gli acidi di sviluppo e fissaggio macchiavano e puzzavano, una stampa richiedeva tempo, e prove, e ancora tempo.
Con Photoshop è tutto indubbiamente più facile e pulito: lavoro e ascolto gli mp3 in sottofondo al caldo del mio studiolo. Mentre, anni fa, quando la cassetta terminava, gestire il registratore al buio era una vera impresa.
Ciao
Giovanni B.
(Post pubblicato originariamente il 19 novembre 2009, alle ore 18.55)
Kodak TMax 3200 esposta a 1600 iso |
Si intitola così ("Last One Out, Please Turn On The Ligh - a survey of London's remaining professional darkrooms") il reportage, chiuso nel maggio 2008, di Richard Nicholson dedicato al mondo delle camere oscure professionali, una realtà in via d'estinzione, schiacciata dall'immediatezza del digitale:
Labs are closing their doors - Joe's Basement, Primary, Metro Clerkenwell, Metro Soho have all gone. Polaroid has stopped making instant film. Clients are demanding the immediate feedback of digital photography. ...Le mie esperienze in camera oscura le devo a mio fratello, che acquistò il materiale (ingranditore, vaschette, acidi per lo svluppo e il fissaggio, timer, pinze) e allestì la camera oscura nella, anzi, sfrattando la dispensa in cantina; stampare in inverno, di notte (perchè si doveva sfruttare ogni assenza di luce), era sperimentare il freddo, quello vero.
This project, shot on 4"x5" film, documents London's remaining professional darkrooms. It is based on my nostalgia for a dying craft (there are no young printers). It is in these rooms that printers have worked their magic, distilling the works of photographers such as David Bailey, Anton Corbijn and Nick Knight into a recognisable 'look'. ...
I miss the darkroom's ambience, the physicality of dodging and burning, the shaping of the light.
Ma tutto valeva la soddisfazione di veder emergere, lentamente, progressivamente, l'immagine dalla carta immacolata immersa nella vaschetta dello sviluppo. E, al mattino, prima di prendere la macchina per andare al lavoro mi fermavo a guardare le foto stampate nelle notte, appese (in garage) ad asciugare.
Certo, gli acidi di sviluppo e fissaggio macchiavano e puzzavano, una stampa richiedeva tempo, e prove, e ancora tempo.
Con Photoshop è tutto indubbiamente più facile e pulito: lavoro e ascolto gli mp3 in sottofondo al caldo del mio studiolo. Mentre, anni fa, quando la cassetta terminava, gestire il registratore al buio era una vera impresa.
Ciao
Giovanni B.
(Post pubblicato originariamente il 19 novembre 2009, alle ore 18.55)
anch'io l'ho sperimentata la vostra camera oscura! mitica! un umido pazzesco in effetti :)
RispondiEliminaphotoshop non vale un terzo di una cameretta oscura artigianale.