L'annuncio dei vincitori del World Press Photo, avvenuto solo qualche giorno fa, offre lo spunto a Maurizio De Bonis (giornalista, critico fotografico e cinematografico, curatore e docente) per rilanciare una pesante riflessione su quello che già in passato aveva definito il
Sviluppando un tema non nuovo (2011: «World Press Photo? No, grazie»; 2012: «World Press Photo 2012: "Ogni limite ha una pazienza"»), De Bonis pone una serie di domande ben precise:
De Bonis, tuttavia, si rifiuta di dare risposte, convinto che
Ciao
Giovanni B.
granitico star-system del fotogiornalismo contemporaneo tutto concentrato sulla costruzione di una spettacolarizzazione del dolore che nulla portava alla diffusione delle storie e delle notizie (De Bonis, 2012)L'appello è secco, diretto e accorato: "Aboliamo il World Press Photo"!
Sviluppando un tema non nuovo (2011: «World Press Photo? No, grazie»; 2012: «World Press Photo 2012: "Ogni limite ha una pazienza"»), De Bonis pone una serie di domande ben precise:
- Ha senso un fotogiornalismo concentrato sulla spettacolarizzazione della violenza e sull'effetto splatter?
- Gli autori di questi scatti si sono mai interrogati sul senso (importantissimo) del loro lavoro e sulla rilevanza della pratica fotogiornalistica?
- Si fa informazione veicolando questo genere di fotografie?
- È proprio così necessario scattare una fotografia, anche quando il soggetto ripreso (a volte addirittura non in vita) è umiliato, violentato, ridotto a oggetto di brutalità?
- È giusto vincere premi fotografici con simili immagini?
- Quale operazione culturale svolgono i giurati che assegnano premi a scatti come quelli indicati all'inizio dell'articolo?
- Serve al mondo della fotografia internazionale e dell'informazione una manifestazione come World Press Photo?
Per meglio comprendere l'osservazione di De Bonis credo che possa essere utile leggere, in aggunta agli articoli sopra richiamati, anche "Reportage e senso della fotografia – Note a margine di Broken Landscape di Paolo Pellegrin".
ognuno, in cuor suo e nella dimensione privata della propria coscienza, saprà darsi delle risposte.Io, invece, mi accorgo che queste risposte non me le so dare e - anzi - a provare a rispondere mi viene il dubbio:
- che ad alcune domande non posso rispondere;
- che altre domande sollecitino, già nella loro formulazione, la risposta attesa;
- che, infine, queste domande possano essere riferite ad una parte dei lavori selezionati e - anche a limitarsi alla categoria Spot News, General news e Contemporary Issues - neppure alla maggioranza di questi.
Il dibattito quindi è aperto: non credo che ne vederemo la conclusione, ma mi piacerebbe sapere se qualcuno riesce a darsi delle risposte soddisfacenti.
Ciao
Giovanni B.
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