"Non voglio essere ricordato come un fotografo di guerra. Non mi piace questo titolo".
Sentire Don McCullin pronunciare queste parole mi fa impressione. L'esperienza del mondo "là fuori" è talmente sconvolgente che viene rifiutata in toto: "Voglio lasciare in eredità le mie fotografie del paesaggio del Somerset, non voglio essere ricordato come un fotografo di guerra".
Questa intervista mi ricorda molto l'intervento (sconvolgente) di Salgado al TED; dopo aver documentato per decenni l'umanità che soffre, per non morire si è dovuto rifugiare nella bellezza del mondo incontaminato. L'intervento lo potete vedere qui.
E, come tante altre volte oramai, iniziano a rimbombarmi nel cervello le parole del fotografo Reza Deghati:
«Questo è il messaggio che i fotografi dovrebbero trasmettere a tutti: "Hey! Sveglia!"
Ho un'immagine in testa: i Paesi ricchi sono come un grande Titanic, un translatlantico dove tutto funziona alla perfezione. Ci sono diverse camere - di prima e seconda classe - c'è un posto per dormire e tutto funziona alla meraviglia. C'è un cuoco fantastico e tutti i tipi di ristoranti che potete desiderare, una sala da concerto, una per il divertimento, tutto su questa barca. Tutto va bene e le persone si divertono.
Anche noi fotogiornalisti viviamo su questa barca. Ma, a volte, saltiamo fuori per andare a vedere cosa sta succedendo fuori. Quello che troviamo è che ... Mio Dio, questa barca naviga in un oceano di fuoco e di sangue, ovunque. La gente muore. Vive in condizioni orribili. Stanno aggrappati con la loro famiglia a dei pezzi di legno rotto, in mezzo al mare, mentre il Titanic si muove in mezzo a loro, a volte travolgendoli. Cosa facciamo? Parliamo con queste persone e scattiamo qualche foto, poi torniamo a bordo, sul Titanic, e cerchiamo di mostrare le nostre immagini, dicendo: "Aspettate un minuto! Fermatevi! Fermatevi! Guardate cosa sta succedendo!" Ma lo chef continua a servire il cibo e i passeggeri ci guardano e dicono "Lasciami in pace. Sto mangiando. Sto stappando lo champagne".
Ma se noi fotoreporter facciamo questo è per cercare di salvare entrambi: quelli che soffrono nel mare di fuoco, ma anche quelli sul Titanic. Se le persone sul Titanic non si preoccupano delle persone che soffrono, il Titanic sarà colpito. Sarà colpito! Ci sono troppe persone in mezzo al fuoco e al sangue in tutto il mondo. C'è troppa sofferenza.»
Giovanni B.
Sentire Don McCullin pronunciare queste parole mi fa impressione. L'esperienza del mondo "là fuori" è talmente sconvolgente che viene rifiutata in toto: "Voglio lasciare in eredità le mie fotografie del paesaggio del Somerset, non voglio essere ricordato come un fotografo di guerra".
Questa intervista mi ricorda molto l'intervento (sconvolgente) di Salgado al TED; dopo aver documentato per decenni l'umanità che soffre, per non morire si è dovuto rifugiare nella bellezza del mondo incontaminato. L'intervento lo potete vedere qui.
E, come tante altre volte oramai, iniziano a rimbombarmi nel cervello le parole del fotografo Reza Deghati:
«Questo è il messaggio che i fotografi dovrebbero trasmettere a tutti: "Hey! Sveglia!"
Ho un'immagine in testa: i Paesi ricchi sono come un grande Titanic, un translatlantico dove tutto funziona alla perfezione. Ci sono diverse camere - di prima e seconda classe - c'è un posto per dormire e tutto funziona alla meraviglia. C'è un cuoco fantastico e tutti i tipi di ristoranti che potete desiderare, una sala da concerto, una per il divertimento, tutto su questa barca. Tutto va bene e le persone si divertono.
Anche noi fotogiornalisti viviamo su questa barca. Ma, a volte, saltiamo fuori per andare a vedere cosa sta succedendo fuori. Quello che troviamo è che ... Mio Dio, questa barca naviga in un oceano di fuoco e di sangue, ovunque. La gente muore. Vive in condizioni orribili. Stanno aggrappati con la loro famiglia a dei pezzi di legno rotto, in mezzo al mare, mentre il Titanic si muove in mezzo a loro, a volte travolgendoli. Cosa facciamo? Parliamo con queste persone e scattiamo qualche foto, poi torniamo a bordo, sul Titanic, e cerchiamo di mostrare le nostre immagini, dicendo: "Aspettate un minuto! Fermatevi! Fermatevi! Guardate cosa sta succedendo!" Ma lo chef continua a servire il cibo e i passeggeri ci guardano e dicono "Lasciami in pace. Sto mangiando. Sto stappando lo champagne".
Ma se noi fotoreporter facciamo questo è per cercare di salvare entrambi: quelli che soffrono nel mare di fuoco, ma anche quelli sul Titanic. Se le persone sul Titanic non si preoccupano delle persone che soffrono, il Titanic sarà colpito. Sarà colpito! Ci sono troppe persone in mezzo al fuoco e al sangue in tutto il mondo. C'è troppa sofferenza.»
Giovanni B.
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