Questo post non è per i fotografi professionisti, né per chi vuole diventare fotografo professionista. Ma, se lo desideri, puoi continuare a leggere.
"E' questo il bello delle fotografie, che non sono idee astratte, invenzioni. Hanno qualcosa di concreto. Il mondo è stato proprio così, almeno per un attimo" (Folco Terzani, "Tiziano Terzani, Un mondo che non esiste più", Longanesi)
L'altro giorno ho pubblicato questa foto su di un socialnetwork. Tra i "+1" ho trovato una sola critica (purtroppo): "C'è un po' di confusione. Qual è la storia?"
Ho apprezzato sinceramente questa domanda, e ancora di più che qualcuno abbia dedicato parte del suo tempo ad una mia foto.
Ed ho pensato "Ha ragione; una foto deve raccontare una storia". Tutti lo dicono. Anch'io l'ho detto, l'ho pensato e me lo sono ripetuto.
Questa semplice domanda mi ha messo in crisi.
Sono andato a rivedermi tutte le foto scattate di recente: alcune sì, raccontano una storia; altre sono semplici istantanee. Per un attimo ho pensato "che fortuna. ho delle foto che raccontano una storia" ("Le mie foto raccontano una storia", imperativo categorico del genere "fotografo").
Poi ho realizzato una cosa: quelle "foto che secondo me raccontano una storia" raccontano la storia che io già conosco perché ero lì, presente, a fotografare.
Altri vi leggeranno un'altra storia, del tutto inesistente.
Altri non vi leggeranno nulla.
Nella notte, il miliziano caduto di Capa mi ha confermato questo pensiero.
Ho riguardato le mie foto: anche quelle che raccontano una presunta storia sono, in realtà, semplici, splendide, banali istantanee che fissano la mia memoria. Che mi dicono che quel giorno, a quell'ora, in quel posto ero lì, da solo o in compagnia, e ho visto e vissuto qualcosa che ho desiderato fissare per sempre.
Fotografando, ho fissato per sempre un'immagine e un ricordo. L'immagine è passata dall'obiettivo sul sensore e, da lì, sulla scheda di memoria; il ricordo (delle persone presenti, dei profumi che ho respirato, dei rumori che ho sentito, delle idee e dei sogni che in quel momento mi hanno spinto a fotografare) è entrato da narici orecchie occhi pelle testa anima ed è finito nella mia (labile) memoria.
La cosa magica della fotografia è che l'immagine, registrata sulla scheda di memoria, ha l'incredibile potere di risvegliare il ricordo, sopito nella mia memoria.
Non sono un fotografo professionista, e so di non avere il talento per campare di fotografia. Questa è la fortuna che mi permette di vivere la fotografia come passione libera da regole e di rilassarmi di fronte a chi mi dice che le mi foto non raccontano una storia.
Stronzate. A me, che le ho scattate, raccontano una storia unica e irripetibile, quella della mia vita e quella delle persone che mi sono accanto. Mi ricordano che per un attimo il mondo, il mio mondo, il loro mondo è stato proprio così. E non corro il rischio di dimenticarlo perché, sia chiaro, non voglio dimenticarlo.
Ciao
Giovanni B.
"E' questo il bello delle fotografie, che non sono idee astratte, invenzioni. Hanno qualcosa di concreto. Il mondo è stato proprio così, almeno per un attimo" (Folco Terzani, "Tiziano Terzani, Un mondo che non esiste più", Longanesi)
Parigi, giugno 2014. |
L'altro giorno ho pubblicato questa foto su di un socialnetwork. Tra i "+1" ho trovato una sola critica (purtroppo): "C'è un po' di confusione. Qual è la storia?"
Ho apprezzato sinceramente questa domanda, e ancora di più che qualcuno abbia dedicato parte del suo tempo ad una mia foto.
Ed ho pensato "Ha ragione; una foto deve raccontare una storia". Tutti lo dicono. Anch'io l'ho detto, l'ho pensato e me lo sono ripetuto.
Questa semplice domanda mi ha messo in crisi.
Sono andato a rivedermi tutte le foto scattate di recente: alcune sì, raccontano una storia; altre sono semplici istantanee. Per un attimo ho pensato "che fortuna. ho delle foto che raccontano una storia" ("Le mie foto raccontano una storia", imperativo categorico del genere "fotografo").
Poi ho realizzato una cosa: quelle "foto che secondo me raccontano una storia" raccontano la storia che io già conosco perché ero lì, presente, a fotografare.
Altri vi leggeranno un'altra storia, del tutto inesistente.
Altri non vi leggeranno nulla.
Nella notte, il miliziano caduto di Capa mi ha confermato questo pensiero.
Ho riguardato le mie foto: anche quelle che raccontano una presunta storia sono, in realtà, semplici, splendide, banali istantanee che fissano la mia memoria. Che mi dicono che quel giorno, a quell'ora, in quel posto ero lì, da solo o in compagnia, e ho visto e vissuto qualcosa che ho desiderato fissare per sempre.
Fotografando, ho fissato per sempre un'immagine e un ricordo. L'immagine è passata dall'obiettivo sul sensore e, da lì, sulla scheda di memoria; il ricordo (delle persone presenti, dei profumi che ho respirato, dei rumori che ho sentito, delle idee e dei sogni che in quel momento mi hanno spinto a fotografare) è entrato da narici orecchie occhi pelle testa anima ed è finito nella mia (labile) memoria.
La cosa magica della fotografia è che l'immagine, registrata sulla scheda di memoria, ha l'incredibile potere di risvegliare il ricordo, sopito nella mia memoria.
Non sono un fotografo professionista, e so di non avere il talento per campare di fotografia. Questa è la fortuna che mi permette di vivere la fotografia come passione libera da regole e di rilassarmi di fronte a chi mi dice che le mi foto non raccontano una storia.
Stronzate. A me, che le ho scattate, raccontano una storia unica e irripetibile, quella della mia vita e quella delle persone che mi sono accanto. Mi ricordano che per un attimo il mondo, il mio mondo, il loro mondo è stato proprio così. E non corro il rischio di dimenticarlo perché, sia chiaro, non voglio dimenticarlo.
Ciao
Giovanni B.
YMMV. Beh francamente non c'e' nessuna confusione in questa foto: il tizio in giacca nera di spalle sta leggendo e il murales invita al silenzio :)
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