Ho iniziato a fotografare, e a stampare in bianco e nero, quando ancora si parlava solo ed unicamente di pellicole.
E, in quel periodo, ho assimilato, non so come né da chi, l'idea che il fotogramma della pellicola 35mm fosse uno spazio sacro e inviolabile, al punto che stampavo (stampavamo) anche un po' del bordo del negativo per mostrare, e dimostrare, che nessun ritaglio era stato fatto.
Nessun sacrilegio era stato compiuto.
Questa impostazione mi è rimasta anche oggi, in piena era digitale, con Photoshop al posto dell'ingranditore: il fotogramma, dopo lo scatto, è inviolabile.
E sono in buona compagnia:
Ma perchè?
Nel 99% dei casi mi adeguo, più per pigrizia che per convinzione, ma ogni tanto ho un sussulto di orgoglio creativo e mi domando: "Perchè?"
Perchè mi devo adattare a degli standard fissati da altri, dal tempo o dalla consuetudine?
Perchè, anche dopo lo scatto, non posso ritagliare lo spazio nel modo che più mi aggrada?
Penso che una delle componenti fondamentali della fotografia sia la libertà: la libertà di pensare, di ideare, di creare.
Quindi, voglio non impormi limitazioni, per quanto possibile, dal momento in cui l'immagine inizia a prendere forma nella mia testa, al momento dello scatto, sino alla fase di stampa o di elaborazione della foto per il web o la condivisione sui social. Inclusa la possibilità di ritagliare, graffiare o alterare l'immagine come più mi piace.
Insomma, ritagliare una foto non è un sacrilegio; l'importante è che, dopo il ritaglio, la foto mi piaccia.
E, possibilmente, che dica qualche cosa anche a qualcun'altro.
Tu, che ne pensi?
Giovanni B.
PS: se qualcuno ti dice che ritagliare è reato, e che i fotografi seri non ritagliano le loro foto, ricordagli che Robert Frank, il tizio di The Americans, il libro di fotografia che secondo alcuni ha cambiato il modo di fare fotografia, "croppava", eccome!
E, in quel periodo, ho assimilato, non so come né da chi, l'idea che il fotogramma della pellicola 35mm fosse uno spazio sacro e inviolabile, al punto che stampavo (stampavamo) anche un po' del bordo del negativo per mostrare, e dimostrare, che nessun ritaglio era stato fatto.
Nessun sacrilegio era stato compiuto.
Il fotogramma originale, con tutta la sporcizia del caso ai margini del fotogramma; ho scattato con l'ottica che avevo a disposizione! |
Questa impostazione mi è rimasta anche oggi, in piena era digitale, con Photoshop al posto dell'ingranditore: il fotogramma, dopo lo scatto, è inviolabile.
E sono in buona compagnia:
I’ve explained why cropping is bad in the past: fundamentally, it’s to do with compositional intent. (Ming Thein)
If you start cutting or cropping a good photograph, it means death to the geometrically correct interplay of proportions. Besides, it very rarely happens that a photograph which was feebly composed can be saved by reconstruction of its composition under the darkroom’s enlarger; the integrity of vision is no longer there. (Henri Cartier-Bresson)Insomma, una foto non si ritaglia. E se indaghi un po' anche tu forse ti accorgi di quanto è diffusa questa regola mai scritta.
Ma perchè?
Nel 99% dei casi mi adeguo, più per pigrizia che per convinzione, ma ogni tanto ho un sussulto di orgoglio creativo e mi domando: "Perchè?"
Perchè mi devo adattare a degli standard fissati da altri, dal tempo o dalla consuetudine?
Perchè, anche dopo lo scatto, non posso ritagliare lo spazio nel modo che più mi aggrada?
Lo stesso fotogramma ritagliato e ricomposto; molto più pulito e bilanciato dell'originale. |
Penso che una delle componenti fondamentali della fotografia sia la libertà: la libertà di pensare, di ideare, di creare.
Quindi, voglio non impormi limitazioni, per quanto possibile, dal momento in cui l'immagine inizia a prendere forma nella mia testa, al momento dello scatto, sino alla fase di stampa o di elaborazione della foto per il web o la condivisione sui social. Inclusa la possibilità di ritagliare, graffiare o alterare l'immagine come più mi piace.
Insomma, ritagliare una foto non è un sacrilegio; l'importante è che, dopo il ritaglio, la foto mi piaccia.
E, possibilmente, che dica qualche cosa anche a qualcun'altro.
Tu, che ne pensi?
Giovanni B.
PS: se qualcuno ti dice che ritagliare è reato, e che i fotografi seri non ritagliano le loro foto, ricordagli che Robert Frank, il tizio di The Americans, il libro di fotografia che secondo alcuni ha cambiato il modo di fare fotografia, "croppava", eccome!
ciao, anch'io ritaglio. se fossi victoria mullova potrei suonare dal vivo bach su uno stradivari a occhi chiusi, ma non lo sono e quindi se posso intervengo con un multi traccia. uguale con la fotografia. helmut newton faceva provini con le polaroid e poi scattava, oggi userebbe il digitale e rivedrebbe sia il taglio che la linea dell'orizzonte. ciao S
RispondiEliminaCiao Simone,
Eliminanel mio caso, se suonassi anche intervenendo con un multi traccia non caveresti il classico ragno dal buco!
Anch'io ho iniziato quando ancora non c'era il digitale ed avevo la stessa etica rispetto ai ritagli, in più scattavo diapositive e quindi anche volendo... Piano piano mi sono ammorbidito e, tutto sommato, per migliorare uno scatto non riuscito al cento per cento, ci sta anche un ritaglio. Tuttavia ritengo che una foto originale abbia un valore decisamente superiore, esprime la reale capacità del fotografo di interpretare e proporre la scena che ha di fronte.
RispondiEliminaRoberto
Diapositive, idem, con la velvia. E poi il bianco e nero da sviluppare e stampare, perchè gestire il colore in stampa era una cosa troppo complicata!
EliminaCiao
Giovanni
in precedenza scattavo dia ed il problema del ritaglio o meno non si poneva, con il digitale non mi sono mai posta remore... anche perchè non ho mai ambito alla definizione di "fotografa seria" :o)
RispondiEliminaFotografo serio? Neppure io, non fa per me :)
EliminaCiao!