Tell It Like It Is, di David Alan Harvey, fu pubblicato per la prima volta nel 1968, ma era un libro destinato ad essere ripubblicato. È uno scorcio fotografico su di un’altra epoca e, allo stesso tempo, un pezzo della storia di una famiglia nera nell’America degli anni ‘60.
«Nel 1967 avevo 23 anni, stavo per laurearmi in giornalismo all’Università del Missouri e mi ero da poco sposato. Il mio primo figlio, Bryan, aveva solo 7 mesi. Non avevo denaro, come fotografo ero sconosciuto e non avevo alcun mentore. Al tempo negli Stai Uniti due erano i principali temi che scuotevano la società, la guerra del Vietnam e il movimento per i diritti civili.
I fotografi così detti “impegnati” erano tipicamente focalizzati sull’uno o l’altro. Il mio amico Charles Hofheimer mi propose di fare assieme un libro sulla vita di una famiglia nera. Lui stava lavorando con un’organizzazione locale impegnata nel migliorare le condizioni di vita delle famiglie nere che abitavano i quartieri disagiati di Norfolk, in Virginia.
Accettai subito. Invece che fotografare quello che era conosciuto come il ghetto di Berkley a Norfolk, decidemmo di fare un photo essay su una sola famiglia disposta a collaborare.
James Liggins e sua moglie, Callie, ci aprirono le loro porte; avevano sette figli, di età comprese tra i 2 e i 15 anni, e vivevano in un piccolo appartamento in un caseggiato di 5 piani.
Per circa un mese io spesi tutto il mio tempo con loro. Direi che mi presero letteralmente con loro. Spesso Callie faceva per me il letto sul divano nel soggiorno e così io mi immersi totalmente nella storia. Avevo una camera oscura nelle vicinanze, a casa della famiglia Hofheimer: facevo fotografie, sviluppavo, stampavo e vivevo la storia.
L’estate finì. Dovevo tornare al college. Il mio compagno di stanza del liceo, Masaaki Okada, accettò di fare il design e Charles fece l’editing.
Non vidi layout e selezione fino a che il libro non fu finito e io ricevetti una copia di Tell It Like Is is in Missouri. Il libro aveva un prezzo di 2 dollari e i soldi erano destinati alla Norfolk Ministerial Association per essere usati per acquistare cibo e vestiti per le famiglie disagiate.
Verso la fine del 2014 ebbi modo di riconnettermi con i Liggins, Non avevo solo perso i contatti ma entrambi, Charlie ed io, nemmeno ricordavamo i loro nomi. Erano passati 48 anni, la vita con le nostre famiglie e tutte le altre cose. Avevo girato il mondo per scattare più di 40 storie per National Geographic ed ero entrato alla Magnum. Insomma questo progetto fu sepolto e dimenticato fino ad ora.
Grazie al Norfolk Virginan Pilot che fece una storia su di me in cerca della famiglia Liggins, fui in grado di ritrovarli. Adesso io e i Liggins siamo amici, esattamente come lo eravamo quando loro con gentilezza mi aprirono le porte nel 1967.»
David Alan Harvey |
«Nel 1967 avevo 23 anni, stavo per laurearmi in giornalismo all’Università del Missouri e mi ero da poco sposato. Il mio primo figlio, Bryan, aveva solo 7 mesi. Non avevo denaro, come fotografo ero sconosciuto e non avevo alcun mentore. Al tempo negli Stai Uniti due erano i principali temi che scuotevano la società, la guerra del Vietnam e il movimento per i diritti civili.
I fotografi così detti “impegnati” erano tipicamente focalizzati sull’uno o l’altro. Il mio amico Charles Hofheimer mi propose di fare assieme un libro sulla vita di una famiglia nera. Lui stava lavorando con un’organizzazione locale impegnata nel migliorare le condizioni di vita delle famiglie nere che abitavano i quartieri disagiati di Norfolk, in Virginia.
Accettai subito. Invece che fotografare quello che era conosciuto come il ghetto di Berkley a Norfolk, decidemmo di fare un photo essay su una sola famiglia disposta a collaborare.
James Liggins e sua moglie, Callie, ci aprirono le loro porte; avevano sette figli, di età comprese tra i 2 e i 15 anni, e vivevano in un piccolo appartamento in un caseggiato di 5 piani.
Per circa un mese io spesi tutto il mio tempo con loro. Direi che mi presero letteralmente con loro. Spesso Callie faceva per me il letto sul divano nel soggiorno e così io mi immersi totalmente nella storia. Avevo una camera oscura nelle vicinanze, a casa della famiglia Hofheimer: facevo fotografie, sviluppavo, stampavo e vivevo la storia.
L’estate finì. Dovevo tornare al college. Il mio compagno di stanza del liceo, Masaaki Okada, accettò di fare il design e Charles fece l’editing.
Non vidi layout e selezione fino a che il libro non fu finito e io ricevetti una copia di Tell It Like Is is in Missouri. Il libro aveva un prezzo di 2 dollari e i soldi erano destinati alla Norfolk Ministerial Association per essere usati per acquistare cibo e vestiti per le famiglie disagiate.
Verso la fine del 2014 ebbi modo di riconnettermi con i Liggins, Non avevo solo perso i contatti ma entrambi, Charlie ed io, nemmeno ricordavamo i loro nomi. Erano passati 48 anni, la vita con le nostre famiglie e tutte le altre cose. Avevo girato il mondo per scattare più di 40 storie per National Geographic ed ero entrato alla Magnum. Insomma questo progetto fu sepolto e dimenticato fino ad ora.
Grazie al Norfolk Virginan Pilot che fece una storia su di me in cerca della famiglia Liggins, fui in grado di ritrovarli. Adesso io e i Liggins siamo amici, esattamente come lo eravamo quando loro con gentilezza mi aprirono le porte nel 1967.»
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