Le magnifiche undici di Robert Capa

Dopo Vivian Maier, un altro mito in frantumi... non tanto il fotografo, quanto la storia (veramente mitica). Ma lascio a te giudicare.

La storia la conosciamo più o meno tutti e ha inizio il 6 giugno 1944 sulle spiagge della Normandia, precisamente a Omaha Beach, come l'avevano ribattezzata gli Alleati.
E' il tristemente famoso "D-Day"; su quelle spiagge, assieme a migliaia di soldati del V Corpo d'Armata statunitense, sbarca anche Robert Capa, il fotografo di guerra per eccellenza (e, in effetti, l'unico fotografo ad essere lì, con la prima ondata di marines).

Capa, così prosegue il racconto, in poco meno di un'ora scatta 4 rullini, 106 fotografie in tutto. Per inciso, le macchine usate da Capa erano due Contax 2.

Robert Capa - Omaha Beach - 6 giugno 1944

Conosciamo tutti bene anche il resto della storia, ma lascio che sia Capa stesso a raccontarla:
Seven days later, I learned that the pictures I had taken on ‘Easy Red’ were the best of the invasion. But the excited darkroom assistant, while drying the negatives, had turned on too much heat and the emulsions had melted and run down before the eyes of the London office. Out of one hundred and six pictures in all, only eight, were salvaged. (Robert Capa)
(in italiano, più o meno: "Sette giorni dopo ho saputo che le foto che avevo scattato su ‘Easy Red’ erano le migliori dell’invasione. Ma l’assistente di camera oscura, per l'emozione, aveva scaldato troppo i negativi durante l’asciugatura e le emulsioni si erano sciolte ed erano colate sotto gli occhi della redazione di Londra. Di centosei foto in totale, solo otto furono salvate.")

E qui la storia finirebbe. Se non fosse che...

... se non fosse che c'è sempre qualcuno che non accetta le versioni ufficiali della storia, e questo qualcuno, in questo caso, si chiama A.D. Coleman
un mostro sacro della letteratura fotologica (fu il primo critico fotografico del New York Times), a sua volta messo sulle tracce da un iniziale articolo del premio Pulitzer per il fotogiornalismo J. Ross Baughman. (Michele Smargiassi)
E che salta fuori? Sintetizzando tutta la sua lunga indagine (eccola qui: "Robert Capa on D-Day, di A.D. Coleman", un dedalo di post e  rimandi ad altri articoli), emerge che quelle 11 foto non furono le uniche che si salvarono dal malaugurato tecnico di laboratorio, ma le uniche che vennero scattate quel 6 giugno 1944 sulle coste francesi.

Riepilogando: le fotografie scattate da Capa nel D-Day furono, in tutto, 11 (undici), quelle che tutti conosciamo. Non ce ne sono altre e, soprattutto, non c'è nessun emozionato assistente di laboratorio che, in camera oscura, rovina i 4 rullini.

Crolla il mito di Capa?
Per me, no. Perché Capa sulle spiagge di Omaha Beach c'era veramente e quelle 11 fotografie le ha scattate, nonostante la terribile e umanissima paura:  
It was a new kind of fear shaking my body from toe to hair, and twisting my face. I unhooked my shovel and tried to dig a hole. The shovel hit stone under the sand and I hurled it away. (Robert Capa)
(Ovvero: Il mio corpo tremava tutto di una paura mai provata prima. Presi la pala e cercai di scavare una buca. La pala colpì la pietra sotto la sabbia e la scagliai via.)

Ci si potrebbe piuttosto interrogare sul perché si sia messa in piedi tutta la mitologia dei 4 rullini, dell'errore dell'assistente, delle foto rovinate. Ma era un'altra epoca, un'epoca in cui i fotoreporter erano narrati (e visti, come ci ricorda Smargiassi) come eroi solitari. E le gesta di ogni eroe, da che mondo è mondo, hanno bisogno di una narrazione leggendaria.

Ciao
Giovanni B.

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