Intervista a Ethan Hawke un po' lunga e in alcuni punti un po' "disarticolata", ma con più di un aspetto interessante:
- bisogna avere il coraggio di esprimere la propria creatività;
- la routine ammazza la creatività; la creatività si alimenta e cresce quando si abbandona la propria "comfort zone" (credo sia la migliore interpretazione del "fool / foolish" qui sotto tradotto più rapidamente con "stupidità");
- non puoi esprimerti se non ti conosci. E per conoscerti devi seguire quello che ti appassiona;
- la creatività non segue un percorso tracciato, ma una strada che si sviluppa mentre la si percorre.
Oggi vorrei parlarvi di creatività.
A molte persone risulta difficile riconoscersi la libertà di essere creativi. Ed è comprensibile: tutti dubitiamo del nostro talento.
Ricordo un episodio che accadde quando ero appena ventenne, di quelli che mi hanno lasciato un segno. Mi piaceva molto Allen Ginsberg; leggevo le sue poesie, seguivo le sue interviste e, un giorno, invitarono Ginsberg al programma televisivo "Firing Line" e Ginsberg cantò una canzone Hare Krishna accompagnandosi con l'harmonium.
Quando tornò a New York tutti il suo giro di amici intellettuali gli fece notare che aveva fatto la figura dello stupido: "Non vedi che tutta la nazione ti prende in giro?"
E lui rispose: "È il mio lavoro. Sono un poeta e faccio cose stupide. Gran parte delle persone lavora tutto il giorno e, quando rientra a casa, litiga con la moglie, mangia, accende il vecchio televisore dove c'è qualcuno che cerca di vendergli qualcosa. Io ho solo incasinato il tutto. Ho cantato di Krishna e ora se ne stanno seduti sui loro letti a domandarsi: ‘Chi è quello stupido poeta?’, e non riescono a dormire".
Questo è il suo compito come poeta.
Ho trovato questo fatto molto liberatorio, perché credo che la maggior parte di noi voglia veramente offrire al mondo qualcosa di qualità, qualcosa che il mondo giudicherà buono o importante. Ma è questo il vero nemico, perché non dipende da noi se ciò che facciamo è buono; e se la Storia ci ha insegnato qualcosa è che il mondo è un critico estremamente inaffidabile.
Vi dovete chiedere: penso che la creatività umana sia importante?
Beh... la maggior parte delle persone non trascorre molto tempo a pensare alla poesia. Ha una vita da vivere e non è molto interessata alle poesie di Allen Ginsberg, o a quelle di chiunque altro!, fino a che non muore il padre, va a un funerale, perde un figlio o qualcuno le spezza il cuore, non la ama più e, tutto d'un tratto, sente il disperato bisogno di dare un senso a questa vita: "Qualcuno è mai stato così male prima? Come ne è venuto fuori?"
Oppure capita qualcosa di fantastico. Incontrate qualcuno e vi scoppia il cuore, lo amate così tanto che non capite più niente, vi sentite svenire: “Qualcuno ha mai provato qualcosa di simile prima? Cosa mi sta succedendo?"
Ed ecco, quindi, che l’arte non è più un lusso, ma è, piuttosto, nutrimento. Ne abbiamo bisogno.
E, quindi, cos'è la creatività?
La creatività umana è la natura che si manifesta in noi.
Ammiriamo l'aurora boreale. Recitai in “Zanna Bianca” quando ero piccolo. Lo girammo in Alaska e là, la notte, il cielo si tinge di viola, rosa e bianco ed è la cosa più bella che io abbia mai visto; sembrava che il cielo stesse giocando. Era bellissimo.
O il Grand Canyon al tramonto. È bellissimo.
Sappiamo che è bellissimo.
Sei innamorata? Il tuo ragazzo è bellissimo!
Io ho quattro bambini. Guardarli giocare, guardarli fingere di essere una farfalla o correre in giro per la casa, e fare di tutto, è veramente bellissimo!
Io credo che siamo qui, su questo pianeta, per cercare di aiutarci l'un l'altro. E prima di tutto bisogna sopravvivere, poi dobbiamo prosperare e per farlo, per esprimere noi stessi, ecco qui c’è la fregatura: dobbiamo conoscere noi stessi. Che cosa amiamo? Solo avvicinandoci a ciò che amiamo capiremo chi siamo e, da lì, cresceremo.
Per me è stato molto semplice. Ho recitato da professionista, per la prima volta, a 12 anni; era “Santa Giovanna” di George Bernard Shaw al McCarter Theatre e boom! mi ero innamorato.
Il mio mondo semplicemente si espanse.
E quella professione - ora ho quasi 50 anni - quella professione non ha mai smesso di darmi qualcosa e continua a darmi sempre di più, soprattutto, stranamente, grazie ai personaggi che ho interpretato.
Ho interpretato poliziotti, criminali, preti e peccatori, e la magia di tutto ciò, in oltre 30 anni di carriera, è che ho iniziato a capire che le mie esperienze, le mie, di Ethan, non sono così uniche come pensavo. Ho così tanto in comune con tutte quelle persone. E loro hanno qualcosa in comune con me.
Inizi a vedere che siamo tutti connessi.
La mia bisnonna, Della Hall Walker Green, dal suo letto di morte, in ospedale, scrisse una breve biografia, non più di 36 pagine, e dedicò circa cinque pagine a quella volta in cui realizzò i costumi per uno spettacolo.
Al suo primo marito riservò un paragrafo. La coltivazione del cotone, a cui si dedicò per 50 anni, la menzionò appena. Ma ben cinque pagine dedicate alle realizzazione di quei costumi.
Ricordo che mia madre mi diede una delle trapunte fatte da mia nonna e si percepiva concretamente che stava esprimendo se stessa.
Ricordo quando io e il mio fratellastro andammo a vedere “Top Gun”, l'anno in cui uscì; uscendo dal centro commerciale - faceva un caldo terribile - lo guardai ed entrambi pensammo che quel film fosse stato una chiamata divina. Lo vivemmo proprio così, ma ognuno a suo modo.
Io volevo fare l'attore, sentivo di voler fare qualcosa che arrivasse alle persone. Volevo essere parte di quel mondo.
Lui voleva arruolarsi nell'esercito. Non facevamo altro che giocare all’FBI, ai soldati e ai cavalieri. A me piaceva impugnare la mia spada e a lui costruire una balestra per tirare con le frecce contro un albero. Così si arruolò nei Berretti Verdi. Ora è un colonnello pluridecorato in pensione, un veterano dell’Afghanistan e dell’Iraq. Adesso insegna in un campo di vela per i figli dei militari caduti di guerra. Ha dedicato la sua vita alla sua passione. La sua creatività consisteva nel guidare gli altri, nel suo coraggio di aiutare gli altri. Era ciò che si sentiva chiamato a fare, ed è una cosa che l'ha fatto crescere.
Sappiamo che la vita è breve, ma la viviamo facendo ciò che è importante per noi?
La maggior parte di noi no.
Lo so, non è facile. L'abitudine ci blocca.
I bambini hanno una creatività fantastica perché non hanno abitudini e a loro non interessa essere bravi. Non costruiscono un castello di sabbia pensando: “Credo che diventerò un eccezionale costruttore di castelli di sabbia”.
Semplicemente si buttano su qualsiasi attività gli proponi: ballare, disegnare, costruire qualcosa. Usano qualsiasi opportunità per ribadire la loro individualità.
Ed è bellissimo.
Ecco, quando si parla di creatività mi preoccupa che venga percepita solo come qualcosa di bello o di appassionante, oppure come una cosa piacevole.
Ma è riduttivo: la creatività è vitale.
È il nostro modo di guarirci l'un l'altro. Quando cantiamo la nostra canzone o raccontiamo la nostra storia, quando chiediamo all'altro: "Ehi, ascoltami e io ascolterò te", stiamo iniziando un dialogo. E quando lo facciamo, inizia un processo di guarigione.
Usciamo dal nostro angolo e iniziamo ad accorgerci della nostra comune appartenenza al genere umano. Iniziamo a riaffermarla. E da questo nascono cose veramente buone.
Quindi, se volete aiutare la vostra comunità, la vostra famiglia, i vostri amici, dovete esprimere voi stessi. E per farlo, dovete conoscere voi stessi.
In realtà è molto semplice: dovete solo seguire ciò che amate.
Non esiste nessuna strada. Non esiste finché non la si percorre.
E dovete essere disposti a fare gli stupidi.
Quindi non leggere il libro che dovreste leggere, ma quello che volete leggere.
Non ascoltare la musica che vi piaceva un tempo. Prendetevi del tempo per ascoltare nuova musica.
Prendetevi del tempo per parlare con qualcuno con cui di solito non parlate.
Vi assicuro che se lo farete, vi sentirete stupidi.
Ma è proprio questo il punto: fare cose stupide.
Ethan Hawke
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