Dmitry Markov racconta il mondo ai margini della società russa con una sincerità brutale e una sensibilità visiva straordinaria. Scoprire il suo lavoro non è solo osservare fotografie, ma entrare in contatto con storie di vita che sfidano e arricchiscono la nostra idea di umanità.
Tra i fotografi contemporanei che mi hanno colpito inserisco, per la qualità del suo lavoro e la profondità delle sue riflessioni, il russo Dmitry Markov. Noto per aver documentato la Russia con il suo iPhone, ha scelto Instagram per condividere le sue storie: il che ci permette di accedere a tutto il suo lavoro, dalla prima all'ultima foto da lui scattata.
Prima foto pubblicata da Dmitry Markov sul suo profilo Instagram il 9 agosto 2012 |
Il suo è un viaggio che inizia il 9 agosto 2012 e si conclude il 6 febbraio 2024 dopo 748 post e 863mila follower (tra i quali anche Martin Parr): qualche giorno dopo, il 16 febbraio 2024, a poche ore dalla notizia della morte di Aleksei Navalny, le agenzie di informazione riferiscono anche della morte, a 42 anni, del fotografo Dmitry Markov. La coincidenza della morte nello stesso giorno del dissidente russo, e il fatto che avesse documentato le proteste del 2021 per la sua liberazione, hanno favorito una lettura politica del suo lavoro. Ma è una lettura a mio parere parziale dell'eredità che ci ha consegnato Markov.
Per parlarne parto dalla prima foto che pubblica, il 9 agosto 2012, sul suo profilo Instagram: è scattata al tramonto, in quello che sembra uno svincolo stradale. C'è un gioco di riflessi: il tramonto si riflette sulla portiera di un auto e il volto del fotografo, a sua volta riflesso non so come, aleggia sulla scena. Una foto tutto sommato non straordinaria che ci invita a iniziare un viaggio con lui. Annoto che è una fotografia senza alcun testo di accompagnamento.
La prima didascalia la trovo sotto lo scatto pubblicato l'8 dicembre 2012. Dice semplicemente "Oggi ho un appuntamento. Mi sono vestito caldo." La foto ritrae quello che potrebbe essere l'ingresso di un carcere, immerso nella neve. Un lettore scrive "Che succede?", senza risposta. Un secondo scrive: "Dmitry, quello che fai è straordinario, le tue fotografie mi commuovono fino alle lacrime, sei una persona straordinaria! Tieni duro!". E aggiunge: "Ma come ho fatto a non vedere prima la tua pagina?". In effetti l'ordine delle frasi potrebbe essere l'inverso.
Quello stesso giorno pubblica molte altre foto, ma è difficile comprenderne il contesto senza poter comprendere i commenti in russo.
L'ultima foto della giornata cambia completamente registro visivo: abbandona i colori acidi delle foto precedenti e mostra una parete con dei graffiti colorati. E il commento: "Sono arrivato a Fedkovo. Misha ha portato via da qualche parte le mie studentesse, sono rimasto da solo."
Se insisto così tanto sui testi che accompagnano le foto è perché - a mio parere - è difficile comprendere l'universo di Dmitry Markov affidandosi solo alle sue fotografie. Si corre il rischio di affibbiargli una frettolosa etichetta, come mi è capitato effettivamente di leggere: fotografo di strada, fotografo triste, fotografo della miseria, fotografo antiregime. I testi che accompagnano le foto ci aiutano invece a entrare nel suo mondo: ci vuole solo un po' di pazienza per farsi tradurre il testo dal russo all'italiano (suggerisco di usare ChatGPT, la traduzione automatica proposta da Instagram fa veramente schifo).
Nel suo insieme, foto è testi, il profilo Instagram di Dmitry Markov si rivela come un diario sul quale il fotografo ha annotato, assieme alle immagini dei luoghi visitati e delle persone incontrate, il suo personale punto di vista sulla società, sulle persone, sulla fotografia. Che è proprio quello che mi interessa scoprire.
Dmitry Markov e la società
Dmitry è "fino al midollo un cittadino della Russia di oggi" (13 giugno 2021, clicca qui per vedere la foto) e di questa società ha conosciuto gli aspetti peggiori e ne rappresenta gli aspetti migliori.
Nato nel 1982 in una piccola città vicino a Mosca da una famiglia della classe operaia, cresciuto in mezzo alla strada negli anni del crollo dell'Unione Sovietica, appena maggiorenne cade nella spirale della tossicodipendenza, dalla quale riesce a uscire per diventare poi assistente sociale e fotografo:
"La fotografia è la parte inaspettata, non prevista, della mia vita. Mio padre metalmeccanico, mia madre sempre al lavoro in fabbrica come sarta: la fotografia non c’era da nessuna parte nella mia esistenza. Se non l’avessi incontrata sul mio cammino, credo avrei avuto lo stesso destino di tutti i miei coetanei, tossicodipendenti fin dall'infanzia. Molti di loro ora loro sono morti, o sono in prigione. La fotografia mi ha fatto riemergere e rimanere una persona onesta" (intervista a Vdud TV, 2021)
Conosceva quindi molto bene, per esperienza diretta, la vita nelle periferie con le sue storie di emarginazione. Assistente sociale e volontario prima ancora che fotografo, usa la fotografia per dare visibilità alle persone e alle organizzazioni che si impegnano a favore "degli altri":
- Ho trascorso gli ultimi tre giorni in una scuola con giovani insegnanti del progetto “Insegnante per la Russia”. Si tratta di laureati in pedagogia che si trasferiscono per due anni in zone sperdute e dimenticate da Dio per insegnare. Sono ragazzi incredibili: pieni di energia, allegri, con gli occhi che brillano e un autentico desiderio di cambiare il mondo. Vivono nei villaggi, vanno a lavorare in bici e si prendono cura dei bambini come se fossero fratelli e sorelle. Per tre giorni, nel campo scuola, Natasha, Marusya e Malika hanno tenuto lezioni sulle emozioni umane: come relazionarsi con gli altri, come parlare dei propri sentimenti e così via. Fantastico. Non riesco nemmeno a immaginare qualcosa del genere nella mia scuola. Forse, se all’epoca avessimo affrontato temi simili, non avrei dovuto impararli 20 anni dopo, negli incontri per alcolisti e tossicodipendenti. (10 giugno 2018, clicca qui per vedere le foto)
- Oggi ho letto su Meduza (un'importante testata giornalistica russa indipendente) un articolo agghiacciante su una bambina di cinque anni che vive da sempre in ospedale – così hanno deciso i suoi influenti genitori. La storia è stata raccontata da Lena Alshanskaya, direttrice della fondazione "Volontari in aiuto ai bambini orfani". Per me, la figura di Lena ha oscurato tutti gli altri protagonisti di questa vicenda. ... Le persone incaricate di prendersi cura dei bambini non fanno assolutamente nulla. Altre fanno addirittura il contrario, causando danni concreti. E io non capisco come Lena Alshanskaya trovi la forza per occuparsi di storie del genere da quindici anni – io mi sono bruciato in cinque, finendo per odiare il mondo, gli adulti, i bambini e me stesso. (9 dicembre 2019, clicca qui per vedere le foto)
- Il villaggio taigà di Motygino è famoso per il suo teatro, il più piccolo e remoto teatro drammatico della Russia. I ragazzi ci hanno invitato ... a conoscerli, mostrarci il loro lavoro e la bellezza della taigà autunnale. ... Questa è la Russia autentica; non solo geograficamente, ma anche per essenza. Gli estremi, caratteristici del nostro popolo, qui si incontrano a ogni passo. ... Merita una menzione speciale la compagnia teatrale: alcuni ragazzi, laureati in accademie teatrali, sono venuti a lavorare a Motygino da San Pietroburgo. Non solo recitano in teatro, ma lavorano anche con i giovani del posto, che, come spesso accade in provincia, non hanno molte attività da fare. Tuttavia, i funzionari locali hanno sistemato questi ospiti in un dormitorio fatiscente e deprimente, e per di più fanno pagare loro l’affitto. E come ciliegina sulla torta: il teatro ha ottenuto una sovvenzione federale che permette di acquistare attrezzature di prim’ordine e invitare ospiti, ma non consente di riparare il tetto che perde. Nonostante i lati negativi, la provincia russa resta un luogo familiare, abitato da persone care. ... La vita in provincia segue il suo corso, e a volte il suo contenuto non ha nulla da invidiare a quello cittadino. Qualsiasi iniziativa nelle regioni merita sostegno e il massimo apprezzamento. ... (7 ottobre 2020, clicca qui per vedere le foto)
Dmitry Markov - Mosca, 2 febbraio 2021 |
Dmitry Markov e le persone
Le fotografie di Markov sono, sempre o quasi sempre, fotografie di persone: da sole o in gruppo, in posa o colte intente alle proprie attività, il suo profilo brulica della vita delle persone incontrate nei suoi viaggi nella periferia Russa: "sono persone comuni, gente come noi. Magari non hanno cambiato la storia del mondo o fatto grandi scoperte, ma di sicuro hanno vissuto momenti di felicità, di significato, di bellezza che meritano di essere ricordati" (2 marzo 2023, presentazione del suo primo libro #draft, clicca qui per vedere la foto). E di ogni persona ha un aneddoto da raccontare:
- l'anziana Maria Ivanovna, ha lavorato "metà della sua vita come infermiera in un carcere e non si è mai lamentata di nulla" e ora, vedendolo con una macchina fotografica, lo supplica di metterla su Internet affinché la aiutino a sistemare il suo capanno cadente: "come diavolo fanno a vivere e lavorare nel villaggio dei funzionari sapendo che c’è un’anziana signora che soffre per colpa di un dannato capanno?! Assurdo." (23 agosto 2020, clicca qui per vedere la foto)
- il militare Andrej li accoglie in casa sua offrendo "grano saraceno con salsicce e tè, precisando che non accettava obiezioni". È appena rientrato da un'operazione militare speciale ed è già pronto a ripartire. "Non hai paura di morire? - gli ho chiesto. È rimasto in silenzio a lungo, poi ha risposto: È spaventoso guardare gli altri morire… E ha iniziato a piangere. (6 febbraio 2024, clicca qui per vedere la foto)
- la guardia della stazione ferroviaria di Uzlovaya "pur usando parole corrette e gentili, mi ha fatto sapere che il mio “volto da criminale” la metteva a disagio e mi ha gentilmente invitato ad aspettare il treno fuori". (14 agosto 2023, clicca qui per vedere le foto)
- Ilya e Dima: "Il primo l'ho conosciuto durante le riprese di "Sopravvissuti"; a soli 20 anni, si drogava con una tale disperazione che era doloroso anche per me da guardare. ... Il secondo è arrivato dopo il nostro tour antidroga negli orfanotrofi con la fondazione "Alice": un personaggio eccezionale che, a 15 anni, aveva già visto l'inferno, tra centri di disintossicazione, polizia e ospedali psichiatrici" (23 giugno 2023, clicca qui per vedere le foto)
I "tossici" sono spesso presenti nelle pagine del diario Markov, che ha conosciuto personalmente la tossicodipendenza e il difficile percorso della riabilitazione. Quelle dedicate alla droga e ai suoi effetti, sono le pagine più buie e pesanti del "diario online" di Markov, che affermava di "non essere in grado di reggere il terribile documentario The Children of Leningradsky, diretto dai polacchi Andrzej Celiński e Hanna Polak nel 2005, che racconta l’infanzia dei bambini abbandonati nei sotterranei di Mosca, tra droghe e prostituzione: lo descriveva come il racconto dell’inferno sulla Terra, poiché riviveva la sua infanzia e quella dei suoi amici".
«I viaggi nei bassifondi possono essere un'affascinante esplorazione delle profondità morali a cui l'essere umano può scendere, ma solo fino a quando non inizi a trovare dei bambini lì. Ieri, insieme a @makcur, abbiamo visto cose talmente sconvolgenti che non riesco nemmeno a menzionare ciò che accade in un'unica frase con la parola "bambini". L'inferno è vuoto, tutti i demoni sono qui.» (10 luglio 2023, clicca qui per vedere la foto)
Anche in queste sue discese all'inferno, Markov mantiene uno sguardo sempre profondamente umano e profondamente empatico sulle persone che incrocia: nelle sue fotografie non ci sono drogati o prostitute ma esseri umani che cercano di venire a patti con la vita (in questo, devo dire, mi ricorda molto Kouldelka).
Tuttavia, la straordinarietà di Markov sta nel tradurre questi incontri in immagini che parlano. È nella composizione e nella sua estetica cruda che le storie personali trovano il loro eco universale.
Dmitry Markov e la fotografia
"Che cos'è la fotografia? È un atto di creazione di un ordine visivo e di ricerca dell'armonia all'interno dei confini dell'inquadratura. Questo è particolarmente difficile da realizzare al sud: qui regna un caleidoscopio di dettagli, sfumature e significati, al punto che sembra non esserci alcuna premessa per un ordine. Deve nascere un autore, qui al sud, che assorba, viva e trovi una forma visiva a questo caos, e riesca a estrarne dei significati." (Clicca qui per vedere le foto)
Questa frase di Dmitry Markov, straordinariamente densa e ricca di spunti, unisce riflessioni tecniche sulla fotografia a un discorso più profondo sull'atto creativo e sul contesto culturale. Innanzitutto, definire la fotografia come "creazione di un ordine visivo" sottolinea la tensione tra caos e armonia che ogni fotografo affronta. L'inquadratura quindi non è solo una cornice, ma un limite entro cui il fotografo è chiamato a distillare un senso, a comporre il mondo in modo che diventi leggibile, emotivo, significativo. Il richiamo, infine, alla nascita di un autore "che assorba, viva e trovi una forma visiva a questo caos" ricorda potentemente che la fotografia autentica non può essere neutrale o superficiale, ma deve scaturire da un'esperienza profonda e intima del luogo e delle sue complessità. È una sfida artistica e umana: trasformare il caleidoscopio di dettagli in un racconto visivo che sia comprensibile e universale, senza tradire la ricchezza del contesto.
Per Markov, quindi, la fotografia non è mai solo uno strumento estetico, ma un mezzo per costruire significato, un atto di mediazione tra il fotografo e il mondo.
Torna ad affrontare l'argomento qualche anno dopo, il 10 marzo 2023, a corredo di questa bellissima foto (clicca qui per leggere il post):
Dmitry Markov -Russia, 18 marzo 2023 |
«Mi chiedono spesso di giudicare delle foto. Ecco alcuni consigli:
Il 90% degli autori ha lo stesso problema: ignorano completamente la forma, cioè la composizione. Se hai visto qualcosa di interessante (un significato, una scena), hai puntato la fotocamera dove eri e hai scattato, beh, mi dispiace ma hai perso tutto. Capisci, tu hai vissuto quella scena, nella tua mente è un'esperienza nel tempo, vista da ogni angolazione. Chi guarda la foto invece ne vede solo un istante, non ha idea di come sia andata. Quindi devi trovare un'angolazione e una composizione che raccontino tutto con una sola immagine.
Ci deve essere un mix di istante e composizione. Henri Cartier-Bresson lo chiamava "momento decisivo". L'intuizione di questo momento arriva con l'esperienza, devi anticipare i movimenti e l'evolversi della scena. Ho pensato una volta che un buon fotografo è chi riesce a vedere qualche secondo nel futuro. Con l'esperienza si sviluppa una sorta di intuito, a volte scatto non con gli occhi, ma sento il momento sulla pelle, come se mi venissero i brividi lungo il collo e le spalle.
Studia il linguaggio visivo. Come un poeta conosce la lingua con cui scrive e ha un ricco vocabolario, così anche in fotografia: devi "parlare" con le immagini. Una buona foto o un buon quadro è un'affermazione visiva su qualcosa che non può essere detto a parole. E per padroneggiare questo linguaggio ci vuole molta esperienza. Devi scattare per anni per impararlo. In un corso a cui ho partecipato, ci hanno dato questo compito: fotografare delle emozioni - amore, tristezza, ansia. È un buon esercizio: cammina per la città, osserva tutto e segui le tue sensazioni. Ti prometto che un giorno la forma di un ramo, un'ombra o una posa ti daranno un'emozione e capirai: ecco, ce l'ho fatta!
Infine, una citazione del mio maestro Aleksandr Iosifovich Lapin: "Una buona fotografia è sempre una scoperta. Quindi devi cercare la bellezza dove a prima vista non c'è. Può essere un ramo, un muro o un raggio di sole. Possono essere foglie o ombre sull'asfalto. E non devono necessariamente essere ragazze belle e nude. Che si vestano pure."»
La sua è un'analisi lucida che tocca il cuore della pratica fotografica: l'unione tra contenuto e forma. L'idea che la scena vissuta dal fotografo non sia mai completamente trasferibile all'osservatore, a meno che non venga trovata "un'angolazione e una composizione che raccontino tutto con una sola immagine", è fondamentale. Rimanda alla responsabilità creativa del fotografo di trasformare il vissuto in narrazione visiva. Fondamentale è, quindi, lo studio del linguaggio visivo, perché la fotografia è un atto di traduzione: non basta vedere, bisogna saper trasformare il visibile in un racconto coerente. La fotografia, come la poesia, ha il compito di esprimere ciò che le parole non possono dire.
La citazione finale del maestro Lapin riassume perfettamente l'essenza della fotografia documentaristica e d'autore: cercare la bellezza dove apparentemente non c'è. Questo si collega alla precedente riflessione di Markov sul "sud e il caos visivo": anche lì, il fotografo deve scoprire armonie nascoste e tradurle in un'esperienza visiva per chi osserva.
In un mondo in cui l'estetica spesso prevale sulla sostanza, Dmitry Markov ci ricorda il potere della fotografia come testimonianza e denuncia. Le sue immagini sonoma atti di resistenza contro l'indifferenza. Guardando il suo lavoro, non possiamo fare a meno di riflettere su cosa significa veramente vedere e, più ancora, comprendere.
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E su questa riflessione io mi fermo. Mentre rileggo questo lunghissimo post sono tornato a scorrere il profilo Instagram di Dmitry Markov e mi rendo conto che ci sono ancora tantissime storie che devo scoprire. Storie che mi porteranno a vedere il lato bello della società, e storie che mi piomberanno all'inferno. Comunque storie che raccontano, senza troppi giri di parole, l'essere umano e il suo difficile venire a patti con la vita.
Buona lettura
Giovanni
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