Il protagonista di questa settimana è "Leonardo Sciascia, Sulla fotografia", un libretto snello (non raggiunge le 100 pagine), non particolarmente agile, sicuramente intrigante, difficile da inquadrare: non è un libro di fotografie, è solo parzialmente un libro sulla fotografia.
Si articola in tre parti: un'ampia introduzione di Diego Mormorio; 27 fotografie realizzare da Sciascia nella sua Sicilia e nel corso dei suoi viaggi; due saggi dello scrittore sulla fotografia.
La parte più intrigante sono le 27 fotografie di Sciascia, accompagnate da altrettanti brevi estratti dai suoi scritti. Sciascia ha fatto la storia come scrittore, non come fotografo, e i suoi scatti non sono diversi dalle mie (e forse dalle tue) fotografie: le vacanze con la famiglia, uno scorcio di paese che lo ha colpito, un panorama. Non sono fotografie straordinarie ma le trovo interessanti proprio per la loro normalità: raccontano lo sguardo dello scrittore sul mondo, sulla sua quotidianità, sulle cose che lo avevano colpito al punto da essere degne di essere immortalate e poi riguardate a casa con la moglie, o con le figlie, o come spunto per un racconto, un libro, una riflessione.
C'è poi, anzi prima, l'introduzione di Mormorio al volume: si parla del suo rapporto con Sciascia ("il professore"), della genesi del volume e, ovviamente, di fotografia. Non amo le introduzioni e questa è, per fortuna, l'eccezione che conferma la regola: stimolante, leggibile, comprensibile.
Siamo sulla soglia dell'inesprimibile. Ma approssimativamente: nulla è più vicino all'abolizione del tempo, tra le rappresentazioni che l'uomo sa dare della propria vita, della fotografia: ma al tempo stesso, nulla ne è più lontano.
Meno comprensibili sono i due brevissimi saggi di Sciascia sulla fotografia nei quali lo scrittore (e qui copio a mani basse dalla presentazione del volume) "riflette sui concetti di sguardo, ritratto, tempo e realtà: Il ritratto fotografico come entelechia, un percorso a ritroso da La camera chiara di Barthes fino al concetto aristotelico di entelechia che prende in esame la rivoluzione del ritratto fotografico come espressione di disvelamento e, al contempo, di nascondimento, e Gli scrittori e la fotografia, una lucida disamina di quei rapporti, strettissimi, che legano fotografia, identità e tempo".
Saggi stimolanti ma, per me e per le mie conoscenze, troppo alti ed eruditi. Per lo più, quindi e purtroppo, difficilmente comprensibili.
Quindi, a chi è rivolto questo libro?
Iniziamo a dire a chi non è rivolto: non è un libro sulla fotografia destinato a chi inizia a fotografare, questo è sicuro; e non è un libro di fotografie da consultare per ragionare su tecnica e composizione, anche questo è sicuro.
E', invece, un libro che potrà piacere molto agli appassionati di Sciascia scrittore, così come è un libro che apprezzerà chi è già dotato di una solida base storico-filosofica sulla fotografia, che vi troverà stimoli e spunti per crescere.
Il fotografo comune, quale sono io, se lo terrà invece a portata di mano nella libreria, per sfogliarlo ogni tanto e riflettere su qualche frase, sperando che attecchisca e porti un nuovo, pur se piccolo frutto.
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