"Lee Miller": quando un film non basta a raccontare una leggenda

Arriva oggi (13 marzo) sul grande schermo "Lee Miller", il biopic dedicato alla modella, artista, fotografa e fotoreporter statunitense.

Fortemente voluto da Kate Winslet, che ne è sia produttrice che protagonista – sembra che il suo interesse per la fotografa sia nato dopo averne comprato il tavolo (orami vintage) della cucina – il film si concentra su un periodo cruciale della vita della Miller: i cinque anni che vanno dall'inizio della Seconda Guerra Mondiale alla liberazione dei campi di sterminio nazisti. È in questi anni che la Miller, già fotografa per l’edizione britannica di Vogue, si reinventa come fotoreporter di guerra, documentando eventi storici come il bombardamento su Londra, lo sbarco in Normandia, la liberazione di Parigi e, soprattutto, la scoperta dei campi di concentramento di Buchenwald e Dachau.

Purtroppo, la figura di Lee Miller raccontata nel film fatica a emergere con la forza che meriterebbe. La sceneggiatura, tra imprecisioni e debolezze narrative, non riesce a restituire né il valore artistico e fotografico della Miller né la potenza delle sue immagini, che hanno lasciato un segno importante nella storia del fotogiornalismo. 

E dire che la sua vita offriva tutti gli elementi per un racconto cinematografico potente. Da modella di successo a New York a 20 anni, Miller decide di abbandonare la moda per dedicarsi alla fotografia. Si trasferisce a Parigi, dove entra nel circolo dei surrealisti e collabora attivamente ai progetti artistici di Man Ray (contribuendo, ad esempio, allo sviluppo della tecnica della solarizzazione). È in questo contesto che matura il suo sguardo fotografico, profondamente influenzato dall’estetica surrealista. Con l’inizio della guerra si reinventa come corrispondente per British Vogue, sfidando pregiudizi e pericoli per documentare la brutalità del conflitto, in Patria prima e sul fronte europeo poi.

La Lee interpretata da Kate Winslet resta invece in qualche modo schiacciata dalla Seconda Guerra Mondiale, che diventa la vera protagonista del film, lasciando in ombra il talento, la visione e la forza di questa fotografa.

Nonostante tutto, Lee Miller ha comunque il merito di riportare l’attenzione su una fotografa che merita di essere riscoperta, anche al di fuori della cerchia degli appassionati di fotografia. Se il film non le rende pienamente giustizia, può almeno servire da spunto per approfondire la sua storia e il suo lavoro. Ma per chi conosce anche solo un poco la vita personale e professionale di Lee Miller, resta il rammarico per un film che avrebbe potuto raccontarla con ben altra forza.

Commenti