La fotografia: quello che è, quello che potrebbe essere

E' da tempo che non condivido, su questo blog, il mio punto di vista, i miei dubbi e le mie aspettative sulla fotografia, anche per suscitare una risposta, una contraddizione o un nuovo dubbio in chi mi legge. Ma oggi, dopo aver letto e riletto l'articolo "Il mondo della fotografia affetto da nombrilisme?" di Rica Cerbarano e Chiara Massimello, ho pensato che sarebbe stato bello tornare a parlare, insieme, di fotografia, non solo come soggetto o oggetto di mostre e libri.

Installazione della mostra dedicata al fotografo Guido Guidi al MAXXI di Roma


L'articolo propone una stimolante riflessione su ciò che la fotografia è, e su ciò che potrebbe essere.

Se la natura della fotografia è raccontare la contemporaneità come poche altre arti sanno fare, oggi questo suo ruolo di documentazione sembra essere mutato radicalmente [...] . Tuttavia, in un mondo politicamente complesso e tormentato [...] rimane forte l’esigenza di riflettere sul presente, su ciò che stiamo vivendo e in cui siamo inevitabilmente, profondamente coinvolti.

Le due autrici prendono lo spunto dalla bella mostra che il MAXXI di Roma sta dedicando a Guido Guidi (chiude il 27 aprile) e, in particolare, dall'invito che il fotografo fa ad un suo gruppo di giovani allievi a "essere nel mondo"; leggono poi questo invito in contrapposizione ad una generazione di fotografi sempre più concentrata su se stessa, sul proprio ombelico, e poco attenta a "riflettere sul presente".

"La fotografia potrebbe (e dovrebbe) giocare un ruolo fondamentale nella comprensione della sua epoca" scrivono, ma le nuove generazioni di fotografi (con qualche eccellente eccezione) "si presentano troppo spesso al pubblico con progetti eccessivamente intimi e introspettivi, senza mai elevarsi a un livello di riflessione superiore e più consapevole. Va da sé che dopo qualche anno il loro lavoro rischia di diventare puramente estetico e ripetitivo."

Molteplici le cause, a partire da scuole di fotografie troppo concentrate sulla vendibilità dei progetti; da concorsi che privilegiano l'impatto estetico all'approfondimento; dall'urgenza di consumare che abbiamo ereditato dai social.

Il risultato è l'assenza, nella fotografia contemporanea, di quell'incertezza, imprevedibilità e vulnerabilità capace di colpire il cuore e il cervello di chi guarda, stimolando nuove riflessioni, mettendo in discussione lo status quo, minando le certezze; creando, in sostanza, i presupposti per l'evoluzione e lo sviluppo e la crescita della società.

Ovviamente io mi ritrovo appieno nella provocazione e nelle speranze delle due autrici; voi, invece, che ne pensate?


Ciao
Giovanni

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